questione 1 - IL MANAGEMENT SOCIALMENTE RESPONSABILE From:
Annamaria Calore

UN PONTE TRA FORMAZIONE E LAVORO; CREARE LEGAMI EFFICACI.
QUANTO INFLUISCE IL MANAGEMENT SOCIALMENTE RESPONSABILE?


Questo mio contributo vuole ribaltare, in parte, l’approccio al “ponte” in questione, facendolo diventare, per il breve tempo di questa comunicazione, “un ponte tra lavoro e formazione”.
Il motivo è che ritengo necessario mettere a fuoco un aspetto particolare dei soggetti interessati alla costruzione del ponte: : quello della RESPONSABILITA’ SOCIALE DELLE IMPRESE

La responsabilità sociale dell’impresa, rappresenta il modo più evoluto, per un aazienda, di porsi sul mercato. Perchè significa avere la lungimiranza di sapersi radicare nel territorio circostante. Ma anche saper fare tesoro del proprio capitale intangibile (quello delle persone che lavorano nell’azienda stessa), come pure saper trarre benefici diretti ed indiretti da un rapporto costruttivo con il territorio in cui si opera. Il che permette, agli stakeholders, di guardare alle aziende non solo come produttrici di beni, ma anche come riferimento civile e responsabile di scelte condivise.

Significa guadagnarsi buona reputazione, presso clienti, enti locali, università, centri per la formazione, associazioni dei consumatori, associazioni di cittadini e fornitori, unita alla soddisfazione ed alla motivazione del proprio personale. Tutti questi aspetti accrescono le opportunità, si traducono in vantaggi competitivi ed in miglioramento delle performance dando senso, prospettive e legami autentici ai soggetti ed ai cittadini interessati.

Ne deriva che lo stile del management, nell’ambito di un’azienda che voglia essere socialmente etica, debba essere coerente e responsabile con gli obiettivi prefissati.

Ad esso, infatti, è affidato sia il patrimonio delle risorse interne per la realizzazione degli obiettivi d’impresa, come anche l’attenzione propositiva verso il territorio ed i soggetti sociali ivi presenti. Ma come evolvere ed implementare tali consapevolezze nelle persone che si occupano del management aziendale?

Di importanza cruciale sono i processi formativi (continui, permanenti, ricorrenti) sia interni all’azienda che aperti al confronto con i soggetti esterni. Un tale approccio potrebbe significare anche sperimentare un ” utilizzo” delle risorse umane in maniera non convenzionale ma “ecologica” con una doverosa attenzione verso quelle a rischio di esclusione sociale che possono offrire, cogliendone l’ottica giusta, inaspettate potenzialità

Questo significa farsi carico di una visione equa e non discriminante, aperta ai contributi esterni, avendo la consapevolezza della necessità di un tipo di formazione continua, dialettica e socialmente avanzata, in grado di aprire nuovi orizzonti oltre le pareti dell’azienda. Solo in questo modo si può mettere in atto uno scambio reale con l’ambiente circostante, fatto di reciproche opportunità e convenienze ed è così che un nuovo stile di “condivisione sociale” può sostituirsi alla “contrapposizione” di interessi divergenti .
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In un’azienda orientata esclusivamente al profitto, è evidente che l’unico elemento che conta è il contributo alla crescita del profitto, prescindendo da come e perché questo profitto si è realizzato.
Le risorse umane vengono quindi “valutate” in rapporto a questo elemento e la selezione delle persone da assumere viene effettuata in base a peculiarità “standard”, escludendo qualsiasi valutazione sulle potenzialità o sulle competenze inespresse della persona nella sua interezza.
In un’azienda socialmente responsabile, tale elemento non è più l’unico e neppure il principale metro di giudizio di valutazione.
In essa è centrale la capacità di valorizzare tutti gli asset soprattutto nelle fasi di “cambiamento” puntando in maniera particolare particolare sulla ricchezza intangibile rappresentata dal valore intrinseco delle persone. Il metro di valutazione porrà in prima analisi appunto la capacità di valorizzare e motivare le risorse affidate come pure quello di offrire una possibilità a quelle risorse umane a rischio di esclusione sociale che, invece, possono rappresentare una risorsa “non codificata” secondo i canoni prestabiliti. Questo può essere reso possibile conoscendo e sapendo utilizzare tutti gli strumenti a disposizione in modo corretto ed efficace da quelli legislativi e tutte le possibilità di sperimentazione che si stanno sempre più diffondendo ( ad esempio penso all’internship).

A questo punto, si rende necessario, per maggiore chiarezza, assumere il modulo della “triple bottom line”, proposto in sede europea.
Le tre direttrici, etico, sociale ed ambientale sono la nuova espressione professionale su cui misurare la qualità del management, cioè la sua capacità di coniugare la realizzazione del profitto nel pieno rispetto dei valori a cui si ispira una Impresa Socialmente Responsabile.
Nei nuovi criteri di valutazione entreranno, in misura sempre maggiore, questi elementi, e diverranno il vero fattore discriminante tra una azienda tradizionale ed una ISR. Questo criterio diverrà sempre più importante nella valutazione globale della politica di un’impresa e sul suo impatto nell’economia sociale di mercato.

La carta dei valori, il codice etico ed il Bilancio Sociale dell’Impresa Socialmente Responsabile

Uno strumento utile, alla diffusione nell’impresa di una “cultura eticamente responsabile”, è la carta dei valori, o codice di condotta. Al management è affidato il ruolo di diffusione e condivisione tra tutti i collaboratori, attraverso una capillare opera di relazione, formazione e di monitoraggio. Essenziale per un’azione efficace appare un diretto e imprescindibile coinvolgimento, nella redazione della carta, del management e dei dipendenti aziendali a tutti i livelli. Necessario appare anche, nella contrattazione aziendale, legare gli incentivi economici relativi ai risultati raggiunti, anche a parametri di rispetto di norme etiche tra e con il cliente interno e quello esterno.

La carta dei valori può diventare un utile strumento di comunicazione e di sensibilizzazione solo se “nasce” con il contributo essenziale dei destinatari e,tra questi, del management. E può divenire uno strumento contro l’esclusione sociale se prevede un dialogo con i centri di formazione sul territorio aprendo ad esperienze di internship le porte della propria azienda.

Questo assaggio andrebbe fatto coinvolgendo le parti sociali, i lavoratori della azienda e gli stakeholders, in modo da creare un clima favorevole all’operazione e creando quei necessari legami sul territorio.
Una ISR che si dota di una carta dei valori, un di un codice di condotta,e magari sia anche in grado di produrre un bilancio sociale, ha ragionevoli possibilità di aumentare realmente la propria competitività.
Ma come può essere aiutato il management nel suo compito?

I focus group

Un’altra attività che vede in una posizione centrale il management riguarda la costituzione e la partecipazione ai focus group interni ed esterni.
Questi hanno il compito di individuare gli obiettivi etici, sociali ed ambientali.
Quelli interni sono costituiti da dirigenti e rappresentanti del management e degli altri collaboratori; quelli esterni vedono anche i rappresentanti degli stakeholders dell’Impresa compresi gli Enti di formazione, di ricollocazione ed i centri di orientamento al lavoro.
L’azione dei focus group è fondamentale per dare credibilità e serietà ad una ISR.
Ad oggi solo pochissime aziende hanno adottato un corretto sistema di accountability, che appunto prevede sia la partecipazione piena degli stakeholders alla individuazione e verifica degli obiettivi, che un coinvolgimento degli enti formativi .

Il monitoraggio sociale correlato

Il dialogo sul cambiamento presenta grandi potenzialità e
dovrebbe essere sviluppato a tutti i livelli.
Un simile dialogo richiede, però, un accordo basato su dati statistici aggiornati e su un'analisi e una previsione economica condivisa.
I responsabili delle aziende, i rappresentanti dei lavoratori, gli enti di formazione, le università e le autorità sia a livello, nazionale che a livello locale hanno tutti bisogno di accedere a tali informazioni e agli strumenti necessari per analizzarli e poter fare costruttive comuni proposte.

Un tale obiettivo, richiede profonde mutazioni nel costume e nella mentalità prevalente. Necessita sia della capacità di utilizzo di informazioni e dati che di quella di saper pianificare coerentemente una progettualità capace di creare, tra l’altro, un credibile ponte tra lavoro e formazione..
Per perseguire tutto ciò, dovrebbero essere sviluppati e modernizzati tutti i tipi di infrastrutture, ma andrebbe data chiaramente priorità, allo sviluppo delle infrastrutture dell'informazione e della formazione.

La creazione di posti di lavoro sarà sempre più in funzione dell'efficacia con cui si riuscirà a creare un nuovo tipo di competitività che utilizzi al meglio le nuove tecnologie, creando o riprofessionalizzando figure professionali adeguate, al fine di perseguire una posizione sufficientemente forte da competere a livello globale. Le più significative aree di mercato e l’uso delle tecnologie saranno probabilmente identificate nei servizi dove la differenza tra servizi simili, la farà proprio il valore aggiunto della “persona” che quel servizio offre, con la sua unicità umana.

Le infrastrutture dell’informazione e della formazione diventeranno, quindi, l'equivalente delle attuali biblioteche, delle infrastrutture per il trasporto di persone e merci, della rete di telecomunicazioni e di una parte significativa del sistema educativo. La società dell'informazione e della formazione fungerà da potente motore dell'attività commerciale e produttiva.Mi piace finire con una suggestione:

“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra.

- Ma quale è la pietra principale, quella che sostiene il ponte – chiede Kublai Kan
- Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra – risponde Marco - ma dalla linea dell’arco che queste formano –
Kublai rimane silenzioso riflettendo. Poi soggiunge:
- Perchè mi parli delle pietre. E’ solo dell’arco che mi importa – Marco risponde
- Senza pietre, non c’è arco - (ITALO CALVINO)

Annamaria Calore/ Consigliere di Amministrazione Università Civica “Andrea Sacchi” Nettuno